Il colosso farmaceutico Bayer è stato definitivamente condannato a risarcire un medico per le conseguenze derivanti dall’assunzione, nel ’99, del farmaco anticolesterolo Lipobay 0,2, poi ritirato dal commercio. Secondo la Corte di cassazione, sentenza n. 12225 depositata oggi, la casa farmaceutica è responsabile di aver messo in commercio un prodotto “difettoso e dannoso” a causa del principio attivo (cerivastatina) in esso contenuto.
La Suprema Corte di Cassazione ha, infatti, affermato che “ad escludere la responsabilità del produttore di farmaci non è sufficiente la mera prova di aver fornito – tramite il foglietto illustrativo (c.d. “bugiardino”) – un’informazione che si sostanzi in una mera avvertenza generica circa la non sicurezza del prodotto (cfr. Cass., 15/3/2007, n. 6007), essendo necessaria un’avvertenza idonea a consentire al consumatore di acquisire non già una generica consapevolezza in ordine al possibile verificarsi dell’indicato pericolo in conseguenza dell’utilizzazione del prodotto bensì di effettuare una corretta valutazione (in considerazione delle peculiari condizioni personali, della particolarità e gravità della patologia nonché’ del tipo di rimedi esistenti) dei rischi e dei benefici al riguardo, nonché’ di adottare tutte le necessarie precauzioni volte ad evitare l’insorgenza del danno, e pertanto di volontariamente e consapevolmente esporsi al rischio (con eventuale suo concorso di colpa ex articolo 1227 c.c., in caso di relativa sottovalutazione o di abuso del farmaco), non può infine sottacersi che, a fronte di specifica censura dall’odierna ricorrente e allora appellante mossa (anche) in sede di gravame (“La compagnia farmaceutica… precisa che… non poteva esservi alcun nesso causale tra l’assunzione del farmaco e l’insorgenza della malattia invalidante denunciata dall’attore, il cui rischio era del resto segnalato anche nel foglio delle avvertenze inserito nelle confezioni in vendita”), la corte di merito ha ritenuto le indicazioni recate nel foglio delle avvertenze (c.d. “bugiardino”) nella specie invero inidonee ad escluderne la responsabilità (in argomento cfr. Cass., 7/3/2019, n. 6587. Con riferimento all’obbligo del consenso informato del paziente quale legittimazione e fondamento del trattamento sanitario cfr. altresi’, da ultimo, Cass., 10/12/2019, n. 32124) alla stregua delle risultanze dell’espletata CTU sulla base di una valutazione, effettuata secondo il criterio della prognosi postuma ex ante (avuto cioè riguardo alle circostanze esistenti al momento dell’esercizio dell’attività)”.